In Italia, non esiste una legge nazionale che stabilisca un numero massimo di animali domestici che ogni cittadino può tenere nella propria abitazione. Tuttavia, la questione è più articolata perché in alcuni casi possono entrare in gioco regolamenti locali e le condizioni di convivenza nei condomini o in abitazioni con presenza di vicini.
Regolamenti nazionali e locali
La normativa a livello statale non pone limiti generali o specifici al possesso di cani, gatti o altri animali da compagnia. Questo significa che, in linea di principio, chiunque può tenere più animali in casa propria, purché siano rispettate le condizioni basilari di igiene e benessere sia per gli animali sia per l’ambiente circostante.
Tuttavia, esistono eccezioni a livello regionale o comunale. Alcuni comuni italiani hanno adottato regolamenti specifici che fissano un tetto massimo di animali detenibili in rapporto alla metratura dell’abitazione o all’ambiente esterno, soprattutto in casi di precedenti problematici. Ad esempio, il Comune di Gaeta ha imposto un limite di cinque animali per gli spazi esterni condominiali e almeno otto metri quadrati per ogni animale in appartamento in seguito a situazioni di eccessiva concentrazione di animali.
Regioni e altri enti locali possono dunque stabilire limiti propri, soprattutto laddove si presentino problematiche di igiene, disturbo della quiete o violazioni dei regolamenti condominiali.
La posizione della Cassazione e i precedenti giurisprudenziali
Anche se la legge nazionale è generica, la giurisprudenza svolge un ruolo rilevante nel delimitare la questione. Una delle sentenze più significative è l’ordinanza n. 1823/2023 della Corte di Cassazione, in cui è stato confermato il limite di sei cani in una proprietà privata. Questa decisione non nasce per una questione puramente numerica, ma come risposta a una situazione dove i proprietari causavano disturbi ai vicini in termini di odori e rumori molesti. In questi casi, la Corte ha disposto anche il risarcimento del danno verso i condomini che hanno subito disagio.
È importante sottolineare che la decisione del giudice non sancisce un limite universale, ma individua soglie massime contestualizzate a casi specifici, laddove il benessere pubblico e la salubrità dell’ambiente siano compromessi.
Condizioni da rispettare e responsabilità del proprietario
Sebbene non vi siano limiti generali, i proprietari di animali sono sempre obbligati a:
- Garantire la salubrità degli ambienti, evitando la formazione di cattivi odori o situazioni di degrado igienico;
- Rispettare la quiete pubblica, impedendo rumori eccessivi, soprattutto nelle ore notturne;
- Tutelare il benessere animale, assicurando adeguato spazio, cibo e cure agli animali detenuti;
- Non arrecare disturbo o danno ai vicini;
- Attenersi agli eventuali regolamenti condominiali che, pur non potendo vietare del tutto la presenza di animali domestici (animali domestici), possono prevedere modalità di gestione, transito e permanenza degli stessi negli spazi comuni.
In presenza di regole locali più restrittive oppure in caso di comprovate problematiche igienico-sanitarie o di disturbo, le autorità possono intervenire fino a imporre il ridimensionamento del numero di animali presenti e, in casi estremi, anche il sequestro di parte degli stessi.
Limiti pratici e regolamenti condominiali
Nei condomini si applicano anche i regolamenti che possono limitare alcune libertà, mai però in modo totalmente vincolante: la legge 220/2012 ha stabilito che nessun regolamento può vietare in assoluto la detenzione di animali domestici nelle unità abitative private. Tuttavia, i regolamenti possono prevedere regole precise per gli spazi comuni, ad esempio rispetto all’accesso degli animali a giardini condominiali o nell’uso dell’ascensore.
Sempre più spesso le amministrazioni comunali adottano atti che, pur non fissando un tetto preciso, danno indicazioni come “numero limitato” di cani e gatti, che solitamente coincide con dieci esemplari per specie ma il limite viene spesso lasciato all’interpretazione di chi verifica caso per caso.
Quando si rischiano sanzioni o provvedimenti?
Le situazioni in cui possono scattare sanzioni amministrative o interventi delle autorità sono essenzialmente le seguenti:
- Disturbo della quiete causato da abbaiare continuo, miagolii, o altro rumore persistente;
- Cattivo odore o scarse condizioni igieniche che possono arrecare danno ai vicini o rappresentare rischio sanitario;
- Violazione di regolamenti comunali e ordinanze specifiche;
- Violenza, trascuratezza o condizioni di disagio per gli stessi animali (maltrattamento);
- Mancato rispetto dei parametri previsti per la detenzione di animali.
Nei casi in cui la situazione sia molto compromessa, le forze dell’ordine, in collaborazione con i servizi veterinari pubblici, possono procedere a ispezioni e disporre la riduzione del numero di animali, nonché sanzionare amministrativamente il responsabile.
Permessi particolari e allevamenti
Va fatta distinzione tra detenzione a scopo di compagnia e attività di allevamento. Quest’ultima è regolata da leggi e regolamenti specifici che prevedono autorizzazioni, requisiti igienico-sanitari, strutture idonee e controlli veterinari. In assenza di tali presupposti, mantenere un numero elevato di animali potrebbe configurare addirittura attività illecita, con conseguenze legali di rilievo.
In sintesi, la legislazione italiana lascia ampia libertà ai cittadini per quanto riguarda il numero di animali domestici detenibili in casa, ma questa libertà deve sempre essere conciliata con il rispetto delle regole di convivenza civile, il benessere degli animali, eventuali regolamenti locali e condominiali, e la salvaguardia della salute pubblica. Quando questi limiti vengono superati, le autorità possono intervenire anche fissando numeri massimi e disponendo eventuali sequestri o sanzioni.